Geologia e storia

(di Aleardo Noli, liberamente tratto da “Notizie storiche di Porlezza e Pieve” del Reverendo Don Enrico Frigerio, Prevosto di Porlezza dal 1905 al 1933)

Le valli lacuali odierne altro non erano che le fenditure plioceniche occupate dal mare padano, come dei golfi interni, somiglianti nella forma ai fiordi norvegesi.
La valle del Po, coperta dal mare, anch’essa grande golfo interno, con sfogo nell’Adriatico.
Durante l’epoca glaciale, nella valle del Ceresio penetrò il ghiacciaio abduano, il quale, avendo il suo piede nelle onde del mare, lasciò cadere potenti quantità di detriti di calcare.
Lentamente si innalzò a Porto Ceresio e a Capolago odierni, un grande sbarramento alluvionale; una diga che arrestò l’afflusso dell’acqua lacustre quando scomparve il ghiacciaio e impedì al mare di rientrare nella valle, già da esso occupata.
Prima dell’epoca glaciale, il lago di Como, mediante la Valle Menaggio-Porlezza, era in comunicazione con quello di Lugano; a sua volta quest’ultimo, per la Valle della Tresa, era comunicante con quello Maggiore. Terreno predominante della regione porlezzese la dolomia media, l’infralias e il lias.
Nel periodo glaciale, su questi monti appaiono segni della presenza e della successiva ritirata dei ghiacciai.
I ghiacciai dell’Adda e del Mera, confluendo sopra la piana di Colico, formarono una morena mediana sull’asse del lago di Como. A sua volta questa morena, prima di urtare contro i monti della Valsassina (che dividono il Lario nei due rami), stese un braccio laterale destro e, percorrendo la Val Menaggio, passò sul lago di Lugano. Altri piccoli ghiacciai dovettero prolungarsi dalle prealpi sulle valli del Cuccio e del Rezzo.
Gli enormi ammassi morenici dovettero occupare gli antichi sbocchi, e dar luogo così alla divisione dei tre laghi.
I ghiacciai, nel ritirarsi, lasciarono sui monti e nelle valli, prima occupati da essi, depositi di massi erratici, nonché pietre varie ed argilla.
Diversi esempi si trovano infatti, specie sul Monte Calbiga, nonché di argille, atte alla fabbricazione di laterizi fin quasi 1300 m. s.l.m.. Queste argille favoriscono la rigogliosa crescita di selve e boschi, caratteristica peculiare di questa montagna cupa e verdeggiante.
Masso erratico singolare per dimensioni e locazione è il ben conosciuto “Sasso Bianco”, per trovare il quale è bene seguire il tracciato che da San Maurizio porta alla Granisciola (presso la quale esiste una altro masso erratico), e per la strada detta “dei cavalli” raggiungere l’Alpe del Gori.
Al di là del Tremezzolo, sotto la sommità del monte, al riparo di alte piante, il grande colosso, biancastro, di forma irregolare. Le sue dimensioni sono notevolissime: circa 15 metri per 13 metri, sporgente a monte per 22 metri fuori terra, e a valle per 11 metri circa. Altri massi erratici sono sparsi sul declivio. Il ritorno si può fare passando dall’Alpe di Claino e Santa Giulia.
Il lago di Lugano non possiede le riviere amene del lago di Como, né isole come la Comacina; tuttavia esso possiede bellezze naturali tali da tenerlo alla pari con i più celebrati fratelli di Como e Maggiore. Austero e ridente, con intorno alte montagne lussureggianti, ridenti spiaggette e orridi dirupi.
Eccelse rocce e splendori che l’onda rifrange, tutto ciò rende allettevole il lago di Lugano, cui natura diede tocchi grandi e si liberi per dipingervi le sue scene.

San Maurizio 23-09-79
San Maurizio 23-09-79

Il braccio orientale del lago, a Porlezza, è largo Km. 1,600 dalle gallerie a Darna, ed ha una profondità massima di m. 240. L’acqua è di colore bruno da Porlezza a Gandria, e nei suoi recessi trovano i loro habitat diverse specie di pesci, fra cui il pesce persico, la cazzuola, il ghiozzo, la bottatrice, la carpa, la tinca, l’alborella la trota, il pigo, il cavedano, il luccio e l’agone, nonché l’anguilla. La prima immissione di avannotti nel lago fu eseguita il 25 febbraio 1876; successivamente semine furono fatte, visto il positivo risultato di queste prima, sia dall’Italia che dalla Svizzera.
Nella fauna del Ceresio trovano posto anche gli uccelli acquatici, e si citerà il Martin Pescatore, il Gabbiano, il Nibbio; tra i mammiferi la Lontra.
Fu il 13 agosto 1848 che il lago ebbe le acque solcate dal primo piroscafo: il “Ticino” facente servizio tra Lugano e Capolago. Le prime corse che servirono le nostre plaghe furono effettuate nel 1856.
Da quest’anno in avanti aumentarono pure il numero dei piroscafi che facevano il loro lodevole servizio tra gli approdi dei nostri paesi, fino al numero dei 12 natanti (1913).

San Maurizio 01 06 66
San Maurizio 01-06-66

I primi abitanti di queste nostre remote terre, di cui si abbia vaga notizia, al di là delle supposizioni che raccontano le leggende, sono i Gauni, che diedero l’appellativo alle nostre sponde quali “Gaune sponde”. Una spiegazione abbastanza verosimile delle sigla che adorna lo stemma della città di Lugano, “LVGA” è quella che vuole queste lettere indichino “Legio Quinta Gauni Auxiliares”; data la posizione eccentrica delle nostre plaghe, si può congetturare in quale stato di privazioni vivessero i primi abitatori delle nostre terre.
Sulla posizione nella quale sorgesse un tempo la primitiva Porlezza, Cesare Cantù scrive: “L’antica Porlezza fu coperta da una frana del Monte Calbiga, dalla quale vedesi ancora sporgere il Campanile di S. Maurizio “. Antichissimamente è probabile che alle falde del monte anzidetto vi fossero delle primitive abitazioni, ed addirittura un primitivo porto.
Porlezza, nell’antichità, generalmente è indicata con “Porletia” spesso “Prolectia” e “Proletia” in diversi atti “Porlexe” – “Portolexe” e si trova anche “Portus Laetitiae” ad indicare l’amenità del luogo, ma anche luogo di approdo e sbarchi.
Il nome italiano Porlezza figura nelle sale Vaticane nella carta geografica fatta da Romano Alberti, disegnatore del sec. XVII.
Durante il periodo romano non abbiamo traccia di storia di Porlezza, certamente non risparmiata dalle invasioni romaniche, benché protetta dal castello, i cui resti fanno supporre fosse situato nelle adiacenze del primitivo molo, tra la strada di Roano, ed il lago. Nel 1826 fu definitivamente ristretta e sistemata la linea di mura difensive del borgo identificabile con lo scorrere del torrente Avanzone.
Poiché da ogni male deve pur scaturire qualcosa di positivo, dalle sventure delle nostre povere terre si ebbe il ritorno dalle città, dove s’erano rifugiate per non soccombere ai barbari invasori (specie gli Ungari, 900 a.c.), delle famiglie già fuggitive, le quali disseminarono nelle nostre montagne prealpine le civiltà di arti e mestieri, che ancor oggi suppliscono alla sterilità di queste nostre erte pendici.